In un contesto dinamico, l'obiettivo centrale della teoria economica consiste nel
fornire delle indicazioni plausibili sui meccanismi evolutivi del sistema.
Ne discende la rilevanza dei problemi posti dalla scarsita' assoluta di risorse naturali sullo sviluppo economico
generale.
Certi autori del passato hanno evidenziato l'importanza di tali tematiche.
Soprattutto nelle analisi di Ricardo e di Malthus, affiora la consapevolezza che l'espansione produttiva sia destinata
prima o poi a scontrarsi con alcuni limiti.
Tra questi la posizione piu' pessimista e' stata espressa da Malthus, al quale soprattutto si e' poi rimproverato
di non aver tenuto in sufficiente considerazione che il progresso delle tecnologie produttive avrebbe potuto sconfiggere
la crescente scarsita' di materie prime.
Si noti peraltro come sovente tali tecnologie abbiano esercitato un ruolo distruttivo sugli equilibri ecologici
e sulla disponibilita' di determinate risorse.
Benche' le analisi dei classici costituiscano ancor oggi un importante punto di riferimento, le problematiche del
mondo odierno sono certamente diverse da quelle esistenti ai loro tempi e quindi esigono nuovi strumenti interpretativi.
Tra i recenti tentativi di elaborare delle teorie adeguate a spiegare questi fenomeni, l'approccio di Georgescu-Roegen
appare uno dei piu' interessanti. L'opera di questo autore, anche se probabilmente suscettibile di ulteriori sviluppi
e rielaborazioni, evidenzia chiaramente come alla base del processo economico esista un mondo fisico reale, un
sistema chiuso dal quale si devono trarre le risorse e al quale ritornano gli scarti. "Senza con cio' voler
compiere della semplice apologia, anzi, dopo un esame attento e anche severo dell'opera di Georgescu-Roegen, ci
sembra di poter affermare che allo stato attuale delle conoscenze in campo economico e scientifico non si vede
altra figura che, in un certo senso, possa offrire le basi per una corrente di pensiero che voglia affrontare scientificamente
i problemi dell'economia ambientale."(1)
Riprendendo alcuni spunti polemici di questo economista, e' possibile sottolineare come oggi sembri piu' opportuno
operare una critica, piuttosto che ai classici, a certi autori contemporanei che continuano, di fronte ad episodi
sempre piu' evidenti di grave degradazione ambientale e di esaurimento delle risorse, a costruire modelli teorici
che non tengono conto della realta' del mondo fisico.
Questa constatazione riguarda principalmente i modelli di matrice neo-classica, cui peraltro va il merito di aver
affrontato la complessita' del problema.
Tuttavia il loro approccio alle risorse naturali, in termini di equilibrio parziale, "e' forse adeguata a
spiegare la logica secondo cui i meccanismi di mercato ottimizzano l'uso di una data risorsa, ma non affronta in
nessun modo il problema complessivo dell'esaurimento di tutte le risorse essenziali, nei termini posti dal dibattito
seguito al rapporto del Club di Roma"(2).
Inoltre, come sottolinea Georgescu-Roegen, criticando alcuni di questi modelli: "Gli insegnamenti dell'economia
tradizionale secondo i quali la crescita economica dipende solo dalla decisione a ogni dato momento di consumare
una quota maggiore o minore di prodotto, sono in gran parte infondati. (...) non tutti i fattori della produzione
(compresi i beni in corso di lavorazione) possono essere direttamente beni di consumo. Solo in una societa' agricola
primitiva, che non utilizza attrezzature di capitale, sarebbe vero che la decisione di risparmiare piu' grano dal
raccolto in corso farebbe aumentare il raccolto medio dell'anno successivo."(3)
Anche se con minor forza, sopravvivono tesi che mirano ad eliminare qualsiasi scrupolo sul possibile esaurimento
delle risorse naturali, sostenendo che la crescita puo' continuare all'infinito, dato che nella produzione dei
beni materiali il capitale e' sostituibile senza limiti alle risorse naturali: "In tutta l'economia matematica
non esiste un altro esempio di una simile profusione di peccati di vuoto formalismo come nell'argomentazione a
sostegno di questa tesi."(4)
Questa idea sottende forse la convinzione che "e' preferibile che le generazioni attuali lascino alle future
delle tecnologie e degli impianti produttivi piuttosto che dei minerali ancora da sfruttare." (5)
Come indica Georgescu-Roegen e' necessario rappresentare il processo di produzione distinguendo tra agenti (capitale,
forza lavoro e terra ricardiana) e flussi; questi ultimi sono gli elementi che vengono trasformati dagli agenti,
che invece entrano nel processo senza venire incorporati nei prodotti ma solo fornendo servizi. Se si tiene conto
di questa differenza essenziale, si capisce allora come non sia possibile effettuare sostituzioni, per esempio,
fra le macchine da cucire e la stoffa con cui vengono fatte le camicie, come invece avviene secondo la funzione
di produzione del tipo Cobb-Douglas.
Invero, si tratta di "uno splendido trucco da prestigiatore: la dotazione di capitale puo' essere aumentata
senza un input addizionale di risorse naturali." (6)
Si puo' ritenere che tali convinzioni abbiano impedito per molto tempo di focalizzare l'attenzione sull'accelerazione
della degradazione entropica, provocata da un sistema produttivo di sempre maggiori dimensioni.
La complessita' delle relazioni economiche-ecologiche del nostro pianeta rendono molto difficile tentare delle
previsioni sulle conseguenze di questa tendenza generale. Si e' visto a proposito come il famoso studio del M.I.T.
si sia prestato, in definitiva, a tutta una serie di critiche abbastanza fondate.
Peraltro, in tempi recenti, l'analisi di alcuni fattori critici fondamentali, quali l'esaurimento delle risorse
non rinnovabili, la produzione di alimenti e l'inquina-mento, ha messo in luce che determinati fenomeni di degradazione
sono gia' in atto. In particolare le indagini piu' accreditate, come il "Rapporto Brundtland" della Commissione
mondiale per l'ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite e gli annuali "State of the World" del Worldwatch
Institute (7), evidenziano come certi timori a suo tempo espressi dal M.I.T. rischiano oggi di avverarsi.
Particolarmente preoccupante e' apparsa la situazione ambientale del pianeta. Lo sconvolgimento dei cicli naturali
ecologici e il crescente disordine molecolare dell'ambiente, che si riflette in un parallelo disordine all'interno
degli organismi biologici, configurano un aumento dell' "entropia ambientale".
Se, come sostiene Georgescu-Roegen, bisogna iniziare a provare simpatia per le generazioni future, si rende allora
necessario conciliare la produzione con la minor degradazione entropica possibile. Per perseguire tale obiettivo
si deve innanzitutto riconsiderare il ruolo di alcune tecnologie di produzione.
Si e' sottolineato in quali direzioni si potrebbe orientare la ristrutturazione di alcuni sistemi produttivi. In
particolare si ritiene possibile puntare sull'efficienza energetica, sulle energie rinnovabili, sull'eliminazione
o sulla riduzione degli scarti industriali e, infine, su un'agricoltura meno dipendente da prodotti chimici dannosi
per l'ecosistema e per la salute degli uomini.
In tal senso occorre che i governi attuino delle politiche ben precise per incentivare e favorire tali processi
e, al contrario, per impedire l'avvento di tecnologie inquinanti o pericolose. Non basta quindi che essi intervengano
quando i danni sono gia' evidenti, ma occorre una precisa volonta' di prevenire, senza neppure accettare come inevitabili
certe "soglie di rischio".
In generale si e' sostenuta la tesi della necessita' di operare per ottenere una maggiore efficienza del sistema,
puntando ad innovazioni che consentano, a parita' di produzione, di diminuire gli input di risorse e gli output
di scarti. A mio parere, per affrontare i problemi posti dalla scarsita' assoluta di risorse e dai limiti ambientali
posti dal nostro pianeta, un tale approccio risulta necessario, ma comunque non sufficiente.
Il progresso tecnologico presenta un limite che non si potra' mai superare, dato dal coefficiente teorico di efficienza.
Anche se esistono oggi ancora grandi spazi per aumentare l'efficienza del sistema produttivo nell'uso delle risorse,
questo processo verso una "dematerializzazione" dell'economia non potra' certamente continuare all'infinito.
Dall'analisi sin qui condotta, focalizzata prevalentemente sulle possibilita' di crescita dell'offerta, risulta
quindi evidente come, in un mondo limitato quale il nostro, sia impossibile una continua espansione nella produzione
di beni materiali.
L'impostazione data a questo lavoro non deve, tuttavia, far dimenticare che anche la domanda dovrebbe svolgere
un ruolo fondamentale nello sforzo di ridurre la degradazione entropica delle risorse. D'altra parte lo stesso
Georgescu-Roegen, nel redigere il suo programma "bioeconomico" minimale, ne evidenzia l'importanza.
Per salvare il pianeta dalla crisi ecologica non basta proporre soluzioni per la gestione accorta delle risorse
e dei mezzi disponibili, come fa il Worldwatch Institute, ma bisogna anche riconoscere il ruolo della limitazione
ragionevole della domanda.(8) La scelta di ignorare questa seconda alternativa, porta all'errore di credere che
ogni societa' ponga la produzione al vertice della propria scala di valori, perseguendo il benessere per mezzo
della espansione e accelerazione continua dell'apparato economico.
Esistono invece culture diverse da quella tipicamente occidentale, che vivono intenzionalmente a livelli intermedi
di domanda di beni materiali. Per queste culture non ha nessun senso incrementare il consumo di determinati beni
materiali che, anche se a noi sembrano utili o efficienti, possono non soddisfare le loro reali esigenze.
Esiste cioe' una dimensione culturale dei bisogni, che non deve essere trascurata. Nella cultura occidentale contemporanea
essa si manifesta nel senso inverso, cioe' nell'attribuire importanza all'uso crescente di beni spesso superflui.
I bisogni vengono, in molti casi, creati artificialmente dalla moda o dalla pubblicita'. Si arriva cosi', come
ironizza Georgescu-Roegen, alla produzione di congegni stravaganti quali l'automobilina per il golf e di splendori
pachidermici come le automobili che non entrano nel garage.(9)
Queste riflessioni riportano alle considerazioni tracciate nel primo capitolo a proposito di cio' che si intende
per sviluppo economico, ricordando come non si possa ritenere che il "modello occidentale", al quale
oggi si fa' riferimento, debba essere ovunque quello predominante.
Anzi e' forse proprio la presa di coscienza dei limiti ambientali del nostro pianeta che potrebbe riportare l'attenzione,
anche in occidente, sulla validita' di modelli culturali e di valori morali oggi poco considerati.
D'altra parte, a mio parere, la stessa analisi economica dovrebbe tener conto di queste particolari esigenze.
Infatti, non solo filosofi o religiosi insistono sulla "insoddisfazione profonda" arrecata agli uomini
dal consumismo e dall'accumulazione continua di beni materiali.
Al di la' di certe soglie, la natura stessa di certi bisogni comporta un limite strutturale alla loro soddisfacibilita'.(10)
La congestione dello spazio e del tempo fa' si che ci siano dei limiti ben precisi all'uso generalizzato di certi
beni, definiti da Hirsch "posizionali". Questi sono molto desiderati in ragione della loro scarsita',
o fisica, o sociale. E' evidente come l'aumento nell'offerta di questi prodotti sia, oltre un certo punto, impossibile,
oppure se possibile, inefficace.
Gli ingorghi causati dalle auto nelle nostre citta' sono l'esempio piu' evidente di come si puo' arrivare ad una
congestione sociale nell'uso dei beni e ad una frustra-zione crescente, dato che la loro utilita' diminuisce.
Da queste brevi considerazioni si puo' trarre la conclusione che forse, nei paesi piu' sviluppati, un cambiamento
della domanda orientato verso una diminuzione della quantita' di beni materiali e contemporaneamente ad un'aumento
di servizi immateriali e della qualita' dei prodotti, potrebbe anche costituire un miglioramento auspicabile.
Constatati i limiti ecologici del nostro pianeta, si dovrebbe ritenere infine sempre piu' assurdo l'enorme spreco
di risorse umane e materiali costituito dalla continua produzione di armamenti.
Ha perfettamente ragione, a mio parere, Georgescu-Roegen quando scrive: "Certamente vi e' una crisi dell'energia,
ma cio' che sembra la vera crisi e' la crisi della saggezza umana"(11)
Note
(1) cfr. Molesti R. (1986), pag. 36-37
(2) cfr. Bresso M. (1982), pag. 166
(3) cfr. Georgescu-Roegen N. (1976), pag. 49-50
(4) cfr. Georgescu-Roegen N. (1976), pag. 129
(5) cfr. Bresso M. (1982), pag. 169
(6) cfr. Georgescu-Roegen N. (1976), pag. 130
(7) cfr. Brown L.R. e altri (1988) e Brundtland G.H. e altri (1988).
(8) cfr. Sachs W. (1988)
(9) cfr. Georgescu-Roegen N. (1976), pag. 74
(10) cfr. Hirsch F. (1981)
(11) cfr. Georgescu-Roegen N. (1985), pag. 24
Riferimenti bibliografici
Bresso M. (1982), "Pensiero economico ed ambiente", Torino, Loescher Editore
Brown L.R. e altri (1988), "State of the World 1988. A Worldwatch Institute Report on Progress Toward a Sustainable Society", Washington, Worldwatch Institute. Trad. ital.: "State of the World 1988", Torino, ISEDI, 1988
Brundtland G.H. e altri (1988), "Il futuro di noi tutti. Rapporto della commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo", Milano, Bompiani
Georgescu-Roegen N. (1976), "Energy and Economic Myths", New York e Oxford, Pergamon Press. Trad. ital.: "Energia e miti economici", Torino, Boringhieri, 1982
Georgescu-Roegen N. (1985), "Economia e degradazione della materia. Il destino prometeico della tecnologia umana", in Rconomia e Ambiente n. 4, pag. 5-29
Hirsh F. (1981), "I limiti sociali allo sviluppo", Milano, Bompiani
Molesti R. (1986), "I fondamenti scientifici dell'economia ambientale. L'opera di Nicholas Georgescu-Roegen.", Economia e Ambiente n. 3, 17-40
Sachs W. (1988), "Basta essere piu' efficienti per salvare il pianeta?", in La Nuova Ecologia n. 54, pag. 73-75