5.4. Il rispetto dei cicli naturali: problemi e prospettive
Si e' cercato nelle pagine precedenti di illustrare alcuni dei problemi ambientali piu' attuali e potenzialmente
pericolosi, non solo per la qualita' della vita sul nostro pianeta, ma anche per le stesse possibilita' di sopravvivenza
dell'umanita'.
Quelli esposti non sono gli unici problemi che riguardano l'ambiente, poiche' ve ne sono certamente altri, che
potrebbero rivelarsi altrettanto importanti ed urgenti.
Uno di questi e' probabilmente quello legato all'estinzione di tante specie vegetali ed animali, con la perdita
di un patrimonio genetico non ancora ben conosciuto e che potrebbe, come e' accaduto in passato, rivelarsi invece
utilissimo per il progresso in campi quali la medicina o l'agricoltura.
Se non si iniziera' a valutare seriamente l'impatto ambientale di ogni nuova tecnologia, non si puo' neppure escludere
che si vengano a creare altri problemi ambientali, del tutto nuovi, aggravando ulteriormente la situazione.
La distruzione e l'inquinamento di risorse fondamentali quali l'acqua e il clima o l'alterazione di cicli ecologici
che garantiscono la fertilita' dei suoli non possono continuare senza comportare prima o poi effetti negativi sullo
sviluppo economico.
Coloro che contestano l'idea che vi siano dei limiti alla crescita trovano spesso conferma alle loro tesi confrontando
le crescenti possibilita' tecnologiche rispetto alla disponibilita' di risorse materiali. Raramente essi tengono
pero' in considerazione il fatto che le tecnologie produttive ed i ritmi di sviluppo economico possono non essere
compatibili con alcuni cicli biologici ed ecologici del nostro pianeta.
Scrivendo a proposito dei problemi ambientali, l'economista Ernest F. Shumacher ha sostenuto che il patrimonio
naturale dovrebbe essere considerato come un bene capitale: "(...) uno dei piu' fatali errori della nostra
epoca e' la convinzione di aver risolto il problema della produzione. Questa illusione e' dovuta principalmente
alla nostra incapacita' di riconoscere che il sistema industriale moderno, con tutto il suo sofisticato patrimonio
intellettuale, consuma le basi stesse su cui e' stato eretto. Per usare il linguaggio dell'economista, esso vive
su un capitale non reintegrabile che tratta invece, allegramente, come fosse una rendita."(112)
Fino ad ora le tecnologie produttive hanno esercitato tutta la loro potenzialita' sulla base di un ampio patrimonio
naturale incontaminato. Altre tecnologie potranno reperire nuovi capitali naturali da sfruttare e nuovi cicli ecologici
da destabilizzare, ma, molti si chiedono, fino a quando?
"In passato", si afferma nel rapporto "Brundtland", "ci siamo preoccupati degli impatti
che la crescita economica aveva sull'ambiente; oggi siamo costretti a preoccuparci degli impatti delle tensioni
ecologiche (degrado dei terreni, regimi idrici, atmosfera e foreste) sulle nostre prospettive economiche."(113)
Si puo' quindi ritenere che, molto probabilmente, certi limiti allo sviluppo potrebbero prima o poi manifestarsi
con grande evidenza, se l'economia continuasse a non tener conto dell'ecologia.
Bisogna cioe' che si rafforzi la consapevolezza generale che esistono due sistemi complessi: l'ecosistema e il
sistema economico. Il secondo puo' svilupparsi solo restando nei limiti imposti dal primo, cercando di orientare
le tecnologie in modo da conciliare la produzione con il rispetto dell'ambiente nel suo complesso e, in particolar
modo, dei cicli naturali sui quali si basa la vita del nostro pianeta.
Wilfred Beckerman ha sostenuto che la crescita economica spingera' sempre piu' la gente a interessarsi maggiormente
alla protezione dell'ambiente e rendera' contemporanemente possibile investire una parte crescente del benessere
materiale nella salvaguardia della qualita' ambientale (114).
Questo e' certamente vero e, in parte, sta accadendo in tutti i paesi industrializzati dove i movimenti ecologisti
sono sempre piu' forti e gli investimenti nel disinquinamento e per la tutela dell'ambiente sono crescenti. Non
si puo' neppure sostenere (o illudersi), pero', che questo sia un processo inevitabile e che tutte le economie
siano "predestinate", dopo un periodo inevitabile di massacri ambientali, a salvare l'ambiente.
Da una parte, come ben noto, molti paesi del terzo mondo non avranno per lungo tempo i mezzi finanziari per realizzare
certi provvedimenti e, dall'altra, molti paesi industrializzati sono ancora abbastanza indietro in questo campo.
I problemi ambientali sono di tale entita' e con effetti talmente imprevedibili che i tempi di adeguamento delle
tecnologie produttive (specialmente nel caso che queste non siano semplicemente da integrare con impianti di depurazione,
ma debbano essere gradualmente sostituite da altre) potrebbero rivelarsi troppo lunghi per evitare tragiche crisi
ambientali.
I modelli di consumo, sempre piu' elevati, che il progresso economico sembra aver indotto nella gente, possono
inoltre costituire un ostacolo "culturale" al cambiamento.
Potrebbe cioe' manifestarsi una riluttanza generale a rinunciare ai crescenti consumi di beni materiali, quando
cio' si rendesse necessario per investire in costosi progetti di risanamento ambientale, di adeguamento o di riconversione
delle tecnologie produttive.
Infine, anche la tendenza diffusa a preferire i profitti immediati, nel breve periodo, senza tener conto degli
effetti a lunga scadenza, puo' essere un serio ostacolo a questo processo.
Sara' quindi uno sforzo politico e culturale di non lieve entita' quello di favorire tecnologie produttive e prendere
provvedimenti adeguati ad uno "sviluppo sostenibile".
Nel prossimo paragrafo si illustrera' brevemente in che direzione tali tecnologie e tali provvedimenti potrebbero
svilupparsi.